La stagione della bici una volta era l'estate.
Durante l'inverno non mi veniva nemmeno in mente di uscire a pedalare lungamente.
Poi col tempo le cose sono cambiate, sono apparsi gli indumenti tecnici e pedalare anche nella neve è diventato normale.
L'estate è sempre stata la stagione della bici pero'. Le giornate lunghe, il caldo, gli amici con cui fare improbabili gare di notte, col fresco.
L'estate è la stagione a cui sono legati i ricordi più vecchi della bici.
Quando con la saltafoss rossa con la tabella col numero 6 sul davanti passavo interminabili giornate in giardino ad andare su e giù, a girare intorno ed a fare le prime scalate sulla rampa del garage.
Quando andavo al fiume, su per l'argine col rampichino della mia Atala cercando di salire nel punto più ripido. Fino al giorno in cui arrivai in cima e vedere l'acqua scorrere dall'alto era come guardare la pianura da un monte altissimo. Sudato. Contento.
Quando mentre tutti dormivano nelle prime ore del pomeriggio, al mare, partivo ad esplorare il paese su una Mtb da supermercatone, con una spugna gialla fosforescente sulla "canna" con su scritto Shimano.
Infilandomi nelle pinete quando non ne potevo più dal caldo. Senza mai portarmi dietro da bere. Magicamente all'epoca non serviva.
Finchè un giorno uscito da una pineta vidi una strada che saliva su un cavalcavia e dall'alto potevo vedere un sacco di campi di pannocchie e mi immaginavo di percorrerli tutti fino all'orizzonte.
E nessuno mai capiva perchè non andassi in spiaggia invece di ambire a girare per campi di pannocchie.
Quando per la prima volta ho seguito una "traccia" trovata su un giornale. Mi sono perso ed avevo paura, finchè sono uscito dal bosco ed ho trovato la strada. Scendendo per la strada, quando ormai era il tramonto, da un campo in basso sulla destra si sono alzati in volo uno stormo di gazze col sole basso dietro che le illuminava ed di colpo ero di nuovo contento e con una sensazione di pace addosso.
Quando durante un'estate "studiosa" uscivo sempre dopo il tramonto e giravo per la città per ore, infrattandomi dappertutto. Infilandomi anche in situazioni "strane". Ed ero tutto orgoglioso del record di kilometri fatti in quel mese e ci rimasi molto male quando un giorno il contakilometri Vetta rosso si stacco' dal manubrio e cadde per terra e venne investito e schiacciato da un auto che cancello' cosi' il mio record.
Quando finalmente un giorno, senza pensarci, andai aldilà del ponte fuori città che segnava il punto di ritorno e proseguii. Tornando molte molte ore dopo sfatto e sfinito e mi presi una bella lavata di capo per il mostruoso ritardo. Ma finalmente ero arrivato all'orizzonte di quei campi di pannocchie.
La sera, a letto, tante volte non riuscivo ad addormentarmi per il mal di gambe e continuavo a girarmi nel letto. Pero' continuavo a pensare alle cose viste nei boschi o al senso di libertà che mi dava pedalare in mezzo a distese di campi di pannocchie e soprattutto di grano. Un mare dorato a perdita d'occhio in cui ho sempre amato navigare.
Sotto il sole, col caldo, d'estate. La stagione della bici.