Grigna Settentrionale, B-side

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30/10/02
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Bikers o Sherpa? La domanda sorge spontanea, quando giunti in vetta ci rendiamo conto di aver portato la bici per più di tre ore!
La cosa potrebbe apparire di primo acchito insensata, e per molti continuerà ad esserlo anche dopo aver letto l'intera storia. Noi però crediamo che l'infinita discesa che dai 2409 m di quota della Grigna Settentrionale ci ha condotti ai 200 m di quota del Lago di Como ci abbia ripagati di tutta la fatica spesa in salita.


Grigna Settentrionale (2409 m), versante nord

Ma andiamo con ordine, cominciando col dire che la discesa per il versante nord della Grigna settentrionale turbava ormai da mesi i sogni del prode Zergio (ed in misura leggermente inferiore i miei).
Pur non essendo i 2410 m della cima una quota sbalorditiva (non per chi è abituato alle, Alpi per lo meno), la Grigna presenta un versante settentrionale decisamente selvaggio nonché uno spiacevole inconveniente per i bikers che decidono di salire in vetta: il punto più alto raggiungibile in sella si trova a circa 1400 m di quota, il che significa che i rimanenti mille metri vanno affrontati spingendo e spallando la bici!
Nonostante la popolarità di questa montagna, la presenza di un rifugio sulla cima ed un bel sentiero che ne percorre l'erboso versante est (sentiero che noi useremo per salire), ecco spiegato perché le mtb che ne calcano la sommità sono come le mosche bianche e quelle pochissime ridiscendono per lo stesso versante di salita.
Nel corso degli ultimi mesi abbiamo infatti cercato notizie di eventuali discese per il versante nord, concludendo che le possibilità erano due: non era mai sceso nessuno; chi l'ha fatto ha sbandierato il meno possibile la cosa.
L'avventura sarebbe perciò stata all'insegna dell'incertezza più totale, dato che Zergio vi era passato una sola volta anni addietro e non ricordava bene le difficoltà, personalmente non c'ero mai stato e le opinioni dei non-bikers sulla fattibilità o meno di un sentiero sappiamo tutti quanto valgono.
Non rimaneva che metterci il naso, cosa che abbiamo fatto alla fine di agosto.


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(foto dalla rete)

La comodità del rifugio ci fa decidere che trascorreremo la notte in vetta, in modo da partire senza stress da levataccia il giorno della salita ed essere il più freschi possibile all'inizio della discesa (per quanto si possa essere freschi dopo una nottata su un letto duro come il marmo avvolti fra le notoriamente soffici e profumate coperte del CAI).
Unico neo in cotanta precisione logistica, le previsioni meteo con la solita gocciolina beffarda piazzata proprio sul secondo giorno della nostra avventura. Gocciolina che ovviamente è contornata da splendidi soli su tutti gli altri giorni della settimana...

Quali che siano le intenzioni di Giove Pluvio il dado ormai è tratto, e dopo la piacevole e divertente traversata che dai Piani dei Resinelli (raggiunti con l'auto) ci ha condotti fino ai 1400 m di quota del Pialeral, comincia la lunga marcia verso la cima.



Cima che per il momento ha deciso di starsene nascosta fra la foschia di questo afoso pomeriggio.

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Passata la baldanza iniziale, la nostra velocità fa apparire sia la vetta che il punto da cui siamo partiti tremendamente lontani, tanto più che siamo spesso costretti a caricarci le bici sulle spalle.

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L'invitante sentiero che velocemente ci riporterebbe a valle va semplicemente ignorato. Guardare avanti è l'imperativo!

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Giunti in prossimità della cresta sud, finalmente la vista può spaziare oltre il monotono pendio della via di salita. La Grignetta (non è un vezzeggiativo per identificare la Grigna, è proprio un'altra montagna) tuttavia si fa desiderare, seminascosta dalle nubi che salgono senza sosta dal fondovalle.

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Gran parte della salita è ormai alle spalle, ma i cartelli indicanti “caminetti” e vie ferrate ci fanno sorgere più di un dubbio riguardo l'avventura nella quale ci stiamo cacciando

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La vista del versante ovest non è di maggior conforto, ma ormai siamo in gioco ed è inutile porsi dubbi tardivi. Mal che vada ci godremo una bella serata in vetta e....una lunga camminata lungo il roccioso versante nord il giorno seguente.

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Quando giungiamo al rifugio il meteo ci premia con questa bella vista della Grignetta.

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Sbrigata la pratica delle foto di rito in vetta, la voglia di mettere il naso sulla via di discesa è troppo forte.

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Ed ecco finalmente il versante che percorreremo l'indomani. Nella parte in ombra si distingue la fune che ci permetterà di scendere il primo tratto conducendo (si fa per dire) le bici a mano. Ad occhio e croce saranno una cinquantina di metri di dislivello e fin in qui è tutto come previsto. La vera incognita è se riusciremo o meno a stare in sella al termine del tratto attrezzato...

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L'inizio della via di discesa a pochi metri dal rifugio è come il canto delle sirene, anche se la vista delle funi che inghiottite dalla nebbia sembrano precipitare nel nulla non è propriamente il migliore degli incentivi.

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Lo scaltro diretur, come probabilmente lo definirebbe l'ovino sclerante, mi ha però confidato la tattica per convincere i recalcitranti alle azioni più insane, tattica che decido di sperimentare sull'ignaro compagno d'avventura invitandolo a festeggiare la fine della salita...

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D'altro canto l'input del sommo diretur era stato chiarissimo: “Vai, ed in caso di pecoriana sfiga vedi di soccombere per ultimo documentando gli eventi sino alla fine. Compresa la tua stessa morte!” (sgratt...)

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Archiviate le “prove tecniche”, possiamo finalmente rilassarci sulla terrazza super-panoramica del rifugio. La vista da quassù è veramente notevole, soprattutto in direzione sud ed ovest (magari lo sarebbe anche nelle altre direzioni, ma la voglia di salire i pochi metri che ci separano dalla croce di vetta si esaurisce assieme alla seconda birra). La vista del lago con i suoi riflessi dorati, 2200 m più in basso, ci appaga comunque a sufficienza.
Il rifugio è praticamente tutto a nostra disposizione: la folla ferragostana è ormai andata, e gli unici ospiti siamo noi ed una coppia milanese con la quale condivideremo il tavolo ed un'abbondante cena.
Un'ultima occhiata al panorama notturno con le luci della pianura ed alle dieci siamo in branda.
Il sonno arriva svelto, ma un'istante prima di chiudere gli occhi mi tornano alla mente le previsioni direturesche: “finirete sulla Gazzetta di Lecco e vi rinchiuderanno in un manicomio…già ti vedo come Jack Nicholson rinchiuso con i matti e uno che continua a ripetere, catarchico: "flow, flow, flow..."” .
Chissà perché, negli ultimi istanti di lucidità mi auguro un sonno senza sogni…

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(foto dalla rete)


Il bagliore lattiginoso che verso le sei fa capolino dalla minuscola finestrella della camera non lascia presagire nulla di buono, ed infatti non ci mettiamo molto a realizzare che nessuno ha steso un lenzuolo davanti alla nostra finestra e che quello che vediamo è veramente un muro di nebbia.
Tanto vale rimettersi sotto le coperte ed attendere che la sveglia suoni alle 07.30
Un’ora e mezza più tardi la situazione è pressoché immutata, così come lo è alle nove, quando decidiamo che dopo tutta la fatica fatta per salire fin quassù, non sarà certamente un po' d'acqua sospesa a mezz'aria a fermarci. Se al termine del tratto attrezzato la nebbia sarà così fitta da rischiare di farci perdere il sentiero, non dovremo fare altro che ripercorrere a ritroso le funi.
In fin dei conti non ci troviamo mica sulla traversata Hinterstoisser alla Nord dell’Eiger!

Il tratto attrezzato non pone particolari problemi, anche se la roccia umida ed il fatto di doversi aggrappare alle funi con una mano e reggere la bici con l'altra badando di non incespicare nei pedali non è proprio il top della sicurezza.

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Man mano che ci avviciniamo al sentiero vero e proprio l'ottimismo si fa strada. Il fondo è infatti smosso e dall'aspetto inconsistente, ma ad occhio percorribile.
Appena mettiamo le ruote a terra capiamo qual è l'imperativo per non ruzzolare ogni due metri: guidare come se si stesse sulle uova e dosare al massimo la frenata. I problemi si pongono nei tornanti più stretti, da affrontare ricorrendo al nose press solamente quando strettamente necessario ed in ogni caso con estrema cautela.

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Quella che stiamo percorrendo è detta "Via della Ganda". Mentre scendiamo ci è sempre più chiaro il perchè...

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La nebbia dal canto suo ci concede qualche attimo di tregua, e per quanto non la si possa certamente definire una giornata limpida, il sentiero è sempre ben visibile e non abbiamo problemi di orientamento. Trovarsi in questo mare di roccia con visibilità zero non dev'essere molto piacevole.

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Lungo la discesa incontriamo ancora un paio di sezioni attrezzate con funi dove le bici vanno condotte (o calate) a mano, ma lo sapevamo e tutto sommato ci sta andando di gran lusso, dato che per il resto riusciamo a stare praticamente sempre in sella.

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Tutto sommato il sentiero non è particolarmente esposto, se si escludono le sezioni attrezzate con funi.

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Altri passaggi insidiosi si trovano in prossimità dell'imbocco delle numerose grotte che caratterizzano questo versante, talvolta non visibili dall'alto (sembrerebbe che la più profonda di queste grotte arrivi addirittura a Fiumelatte, praticamente a 200 m di quota!!!!). In questi punti non scivolare è l'imperativo, dato che finirci dentro potrebbe avere conseguenze molto serie.

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A ricordarcelo sono alcune lapidi poste all'ingresso della grotta della foto precedente

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Poco oltre questo punto commettiamo un errore seguendo un sentiero che devia dal n°25 che avremmo dovuto seguire. Quando numerose balze rocciose ci costringono a dei tratti a piedi che intaccano leggermente il morale, ce ne rendiamo conto e risaliamo fino a ricongiuncerci al sentiero giusto poco oltre il punto in cui l'avevamo abbandonato. Ormai non manca molto all'inizio della prima vegetazione, ed il morale torna alto quando quattro ragazzi che salgono a piedi ci dicono che il tratto più duro è quello che stiamo affrontando in quel momento. Poco più tardi entriamo fra la vegetazione e troviamo dei tratti con del “quasi-flow”.

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Sbuchiamo nella radura dove sorge il Rifugio Bogani con la consapevolezza che ormai è andata. In termini di dislivello siamo sì e no ad un quarto di strada, ma da qui in poi siamo praticamente certi della totale fattibilità della discesa.

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Il tratto fra il Rifugio Bogani e la Bocchetta di Prada, dove proseguiremo la discesa seguendo questo itinerario, lo percorriamo nella nebbia e sotto un cielo sempre più minaccioso. Il sentiero alterna tratti discretamente fluidi ad alcuni passaggi tecnici, divertenti e mai troppo difficili nonostante il fondo ormai fradicio.

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Neppure oggi ci facciamo mancare un po' di bici sulle spalle, anche se si tratta di una manciata di metri necessari per risalire alla Bocchetta di Prada.

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Cominciamo la discesa dalla Bocchetta con una tale umidità nell'aria che la condensa gocciola dalla visiera del casco facendoci per un attimo credere che stia piovendo.
Il terreno è fradicio, e la prima parte di discesa veramente viscida. Le difficoltà però non sono elevate, e quando arriviamo alla parte intermedia, quella più rocciosa, il fondo è ormai asciutto.
Arriviamo sul lago che siamo cotti, al termine di quello che ci è parso più un viaggio che una discesa.
La “pratica Grigna” è comunque archiviata con successo: una decina di kilometri di lungolago e finalmente potremo rimpinzarci di pizza e birra al chiosco di Bellano, “must” per ogni finale di giro che si rispetti.

Altre foto del giro le trovate qui

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Qualche info di natura pratica:

Quota massima:
2409 m (vetta della Grigna Settentrionale)

Quota minima: 200 m ca

Dislivello salita:
noi siamo partiti dai Piani dei Resinelli (1300 m ca) ed abbiamo raggiunto il Pialeral (1400 m) seguendo la cosidetta "traversata bassa". La traversata comporta alcuni saliscendi, quindi il dislivello è un po' più dei 100 m di differenza fra le quote delle due località. Una relazione trovata in rete parla di 380 m, ma a noi sono parsi meno.
Raggiunto il Pialeral rimangono circa 1000 m di salita da affrontare a spinta o portando la bici.

Dislivello discesa:
dalla cima della Grigna alle rive del Lago di Como ci sono 2200 m di dislivello. Considerando che lungo la discesa c'è qualche tratto di risalita, almeno 2300 m ci sono tutti (ma credo che la stima sia in difetto). Lo sviluppo molto elevato, tutto per singletrack e mulattiere, rende la discesa veramente infinita.

Difficoltà:
l'itinerario è impegnativo sia per via della faticosa salita che della discesa tecnica. I tratti attrezzati sono brevi e non particolarmente difficoltosi, ma il doverli percorrere con bici alla mano complica leggermente le cose. Attenzione anche ai numerosi "buchi" talvolta poco visibili dall'alto!!!
Raggiunto il Rifugio Bogani tutto diventa più semplice ed in breve ci si congiunge all'itinerario della Bocchetta di Prada.

Descrizione itinerario:

Salita:
Si parte dai Piani dei Resinelli seguendo le indicazioni per la "traversata bassa" fino a giungere alla località Pialeral, dove si piega a sinistra e per ripida cementata si raggiunge l'omonimo rifugio.
Ancora una breve rampa in cemento e comincia la parte di salita a spinta, con il sentiero sempre ben evidente lungo l'erboso versante est della montagna. A quota 2409 m, praticamente in prossimità della vetta, si trova il rifugio Brioschi dove abbiamo pernottato (i prezzi non sono propriamente modici, ma vista la panoramicità del posto vale la pena spenderci la notte ed affrontare la discesa riposati il giorno seguente).

Discesa:
Poco oltre i rifugio, in direzione nord, si trova l'inizio del tratto attrezzato che permette di raggiungere l'inizio del sentiero una cinquantina di metri più in basso. A quel punto seguire sempre il sentiero n°25 ("Via della Ganda", indicato talvolta anche con tre pallini) fino a giungere al Rfugio Bogani.
Dal rifugio si prosegue in discesa per l'Alpe di Cainallo (è il sentiero più evidente). Dopo aver attraversato un alpeggio con cancelletto alla fine, ancora un po' di discesa dopodichè comincia un tratto con alcuni saliscendi.
Ad un certo punto si lascia il sentiero principale (qui molto largo) e si prende a sx seguendo le indicazioni per il rifugio Bietti. Si tratta di poche decine di metri con dei gradini in legno (ultima foto del report) che permettono di raggiungere la sella erbosa della Bocchetta di Prada. Da questo punto in avanti seguire le indicazioni della discesa della Bocchetta di Prada.
 

samuelgol

Bürgermeister des Waldes
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La foto con la grotta a fianco è da capelli dritti :paur:. Belle foto, bei panorami, ma per i miei gusti (e le mie capacità) certe cose meglio farle a piedi.
Immagino che l'ovino sclerante stia morendo di invidia a non poter essere stato della partita.....anche se lui in quei giorni era a Soelden a divertirsi :loll:
 

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Immagino che l'ovino sclerante stia morendo di invidia a non poter essere stato della partita.....anche se lui in quei giorni era a Soelden a divertirsi :loll:

Quando Zergio non ha mancato di affermare che "la parte bassa ha un bel flow" non ho avuto dubbi che la öetzy era meglio.
Fosse stato anche col rombo doppio alla fine...

@tostarello: impressionante e "bellissimo" quanto infilare le dita in una presa elettrica
 

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