- 28/6/07
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- Bike
- Cannondale Topstone Carbon 3 + Stanton Sherpa super custom + GT Grade Carbon
Corre leggero un vento gagliardo, lassù, lungo sentieri reali ed immaginari, tracciati un po' dalla mano dell'uomo, e un po' dalla fantasia della Natura. Inquieto come un fantasma, si intrufola tra le trincee deserte, infilandosi nelle gallerie, indugiando dietro ad un larice, sorprendendoti poi appena oltre la svolta del sentiero.
C'è sempre poca gente, lassù, appena oltre le consuete, frequentatissime mete del turismo montano odierno, anche nella bella stagione, figuriamoci in un tardo pomeriggio di fine ottobre. Il grosso della gente si ferma al comodo e ben fornito rifugio, posto alle Porte del Pasubio e pensa d'esser arrivata, mentre, appunto, è rimasta semplicemente sulla soglia di un regno strano, fatto di silenzi e indeterminate presenze, di vento e nubi che si rincorrono, di paesaggi lontani e promesse di giri fantastici. Fatto di memoria, roccia frantumata in milioni di pezzettini, mista ad ossa, pezzi di ferro, trincee dai muri sbrecciati e buie gallerie silenziose, stilanti gocce di freddissima acqua.
Il viandante transita distratto, magari pensando a quanto manca al prossimo rifugio, non molto lontano da qui.
Una volta tanto lascio la bici sotto ad un pino mugo, appena oltre la curva del sentiero, e mi addentro fuori dalla traccia conosciuta. La luce della sera dipinge panorami inusuali a chi sale con la luce del pieno sole, mentre la fantasia corre con il vento, quasi portata via da quest'ultimo quando si è infilato sotto al casco. Qualche centinaio di metri dopo, superate alcune trincee che non conoscevo, mi siedo e rimango lì, seduto su un sasso. Mi sembra di immaginare presenze di chi quassù è rimasto, portate a loro volta da quel vento inquieto.
Il buonsenso dentro alla testa, improvvisamente, mi consiglia di tornare indietro, di prender la bici e tornare a quote più basse, meno fredde. Le mani ghiacciate rincarano la dose.
Esito. E' bellissimo, lassù, circondato da un paesaggio brullo e severo, lunare, ma che altro non è che la Natura che, poco alla volta, col calare del sole, sembra voler anticipare, suo solito, i silenzi e le solitudini del lungo inverno, quando quassù non rimarrà nessuno, a parte i selvatici e, spero, metri di neve.
Una nube grigia copre il sole, quel poco rimasto, e la temperatura crolla di colpo. Torno alla bici, ritorno verso Porte del Pasubio; mi volto e saluto sentieri, montagne, panorami ormai familiari, assieme ai progetti per visitarli tutti: ci rivediamo l'anno prossimo...

C'è sempre poca gente, lassù, appena oltre le consuete, frequentatissime mete del turismo montano odierno, anche nella bella stagione, figuriamoci in un tardo pomeriggio di fine ottobre. Il grosso della gente si ferma al comodo e ben fornito rifugio, posto alle Porte del Pasubio e pensa d'esser arrivata, mentre, appunto, è rimasta semplicemente sulla soglia di un regno strano, fatto di silenzi e indeterminate presenze, di vento e nubi che si rincorrono, di paesaggi lontani e promesse di giri fantastici. Fatto di memoria, roccia frantumata in milioni di pezzettini, mista ad ossa, pezzi di ferro, trincee dai muri sbrecciati e buie gallerie silenziose, stilanti gocce di freddissima acqua.
Il viandante transita distratto, magari pensando a quanto manca al prossimo rifugio, non molto lontano da qui.
Una volta tanto lascio la bici sotto ad un pino mugo, appena oltre la curva del sentiero, e mi addentro fuori dalla traccia conosciuta. La luce della sera dipinge panorami inusuali a chi sale con la luce del pieno sole, mentre la fantasia corre con il vento, quasi portata via da quest'ultimo quando si è infilato sotto al casco. Qualche centinaio di metri dopo, superate alcune trincee che non conoscevo, mi siedo e rimango lì, seduto su un sasso. Mi sembra di immaginare presenze di chi quassù è rimasto, portate a loro volta da quel vento inquieto.
Il buonsenso dentro alla testa, improvvisamente, mi consiglia di tornare indietro, di prender la bici e tornare a quote più basse, meno fredde. Le mani ghiacciate rincarano la dose.
Esito. E' bellissimo, lassù, circondato da un paesaggio brullo e severo, lunare, ma che altro non è che la Natura che, poco alla volta, col calare del sole, sembra voler anticipare, suo solito, i silenzi e le solitudini del lungo inverno, quando quassù non rimarrà nessuno, a parte i selvatici e, spero, metri di neve.
Una nube grigia copre il sole, quel poco rimasto, e la temperatura crolla di colpo. Torno alla bici, ritorno verso Porte del Pasubio; mi volto e saluto sentieri, montagne, panorami ormai familiari, assieme ai progetti per visitarli tutti: ci rivediamo l'anno prossimo...









