Da dove veniamo, dove stiamo andando e…. come ci stiamo andando?
Qualche considerazione generale ed esigenze particolari…
Non ho mai capito (e continuo a non capire) le resistenze che si riscontrano ogni qualvolta un nuovo formato o una sua interpretazione (o reinterpretazione) originale si affacciano nel nostro panorama.
E parlo di “resistenze” non di critiche costruttive, motivate e soprattutto argomentate.
Non le capisco perché a mio modo di vedere la (relativa) “effervescenza” di proposte e la pluralità di soggetti come di soluzioni (anche estreme) ed esigenze, sono un segno evidente di salubrità, vitalità e forza del settore (spinta propulsiva?) … cosa di cui tutti dovremmo rallegrarci a maggior ragione in una congiuntura economica globale come quella che abbiamo appena vissuto e stiamo ancora vivendo (porca ##@/£%$@##!!!!!).
O forse c’è qualcuno che desidera o preferirebbe un settore “fermo”, ancorato a dogmi indiscutibili, cristallizzato o comunque leeeento a recepire e tradurre i contenuti innovativi (o persino a capirli) in prodotti “all’altezza”? Ho un’età anagrafica (e di pratica ciclistica, dalla BMX alla strada sino alla MTB tutte in numerose declinazioni) che mi consente di ricordare cosa dicevano moltissimi mostri sacri e “padri nobili” (con relativo codazzo di geni del “crimine”) della telaistica e delle competizioni su strada di questo paese non troppi decenni orsono riguardo alla MTB… poi alla forcella ammortizzata, ai freni a disco, ai bikers che passavano alle competizioni su strada (o il contrario) e via cantando di amenità in amenità… ricordo però anche quale fine abbiano fatto “commercialmente” parlando (ma non solo…) loro, le loro idee ed i loro prodotti… spazzati via da quella continua opera di innovazione, mix di creatività, ricerca (materiali, tecnologie, sinergie) e sviluppo, test e attenzione ai feedback dal basso, con un miglioramento costante (anche se non certo perfettamente “lineare”, ci mancherebbe…) che imponeva a tutti gli attori in gioco continui e nuovi punti di riferimento con cui dover fare (necessariamente) i conti.
Un’opera di “selezione naturale” che ha causato una vera e propria estinzione di massa e ridimensionato (sotto ogni punto di vista) ambiti e velleità dei pochi sopravvissuti.
Quanto si sbagliassero appare oggi ben più che chiaro cosi come appare lampante quanto non fossero “culturalmente” in grado di competere né di “adattarsi” ad un mondo che cambiava e si evolveva così repentinamente.
Ed i frutti “avvelenati” di certi retrogradi e conservativi atteggiamenti sono visibili anche oggi nel panorama produttivo (ma anche in quello dei “fruitori” pedalanti, diciamo la verità…) italiano o meglio in quel poco che ne è sopravvissuto.
Un altro esempio evolutivo recente che ha “fatto il panico” (passatemi il termine) con la sua carica di innovazione (sacrosantamente) iconoclasta è stato quello dei formati ruota, dove abbiamo potuto vedere senza troppi filtri e veli le differenze di atteggiamento e la qualità di risposta (nonché strutturazione ed organizzazione produttiva) dei vari attori (grandi e piccoli) del mercato.
Allo stesso modo non capisco il periodico formarsi (e scontrarsi) di schieramenti e di tifoserie dell’una o dell’altra “filosofia” o formato (o persino singolo marchio) … quest’ultimo atteggiamento non è proprio ed esclusivo del nostro mondo a dire il vero e lo si può (purtroppo) riscontrare in molti altri ambiti ludico/sportivi (o assimilabili). Modo di pensare e di pensarsi (questo sì) vero frutto del marketing e del branding…
Ma veniamo al Gravel…
Dal mio punto di vista il prodotto Gravel appare invece assai interessante e lo diventerà ancora di più con la naturale e fisiologica maturazione del prodotto (che al giorno d’oggi richiede tempi ben più brevi che in passato). Ricordo poi come non sia un prodotto “inventato” ed imposto dai grandi marchi ma già presente (in varie forme ed interpretazioni ma comunque sufficientemente delineato per essere definito) sul terreno (nel vero senso della parola) da molti anni (con parentele più o meno dirette che affondano le radici sino agli albori stessi della bicicletta moderna) per venire incontro alle specifiche esigenze di molti appassionarti che addirittura se le assemblavano da soli o con il supporto di vari, grandi, piccoli o piccolissimi “artigiani locali”.
I Big del settore ci sono arrivati ora (o da relativamente poco) e non mi pare che (almeno per il momento) stiano imponendo nulla… offrono scelte… a noi compierle nel modo più consapevole ed intelligente. Il modo in cui risponderemo a queste (come ad altre) proposte modificherà ed indirizzerà (in buona parte) il futuro in una direzione piuttosto che in un'altra.
Penso poi che alcune congiunture temporali come l’imporsi dei freni a disco anche nel mondo delle BDC non potranno non portare ad un miglioramento tecnologico in un ambito assai delicato ed importante per l’evoluzione e la maturazione (anche) del prodotto Gravel, contribuendo ad una integrazione maggiore/migliore dei comandi freno/cambio. Aspetti questi fondamentali se si vuole montare un manubrio drop ed avere freni e cambio al top per funzionamento, fruibilità e praticità (e magari anche con un occhio al costo) rispetto alla destinazione d’uso.
Stesso identico discorso ovviamente per gli pneumatici tubeless o tubeless ready (finalmente…)
Non è mai facile fare previsioni (di medio periodo) su quello che potrà essere il futuro nel nostro settore ma se, come sembra (e come sarebbe ben più che auspicabile), le persone che utilizzano la bici come “mezzo di trasporto” oltreché come “attrezzo ludico-sportivo” sono in continuo aumento (persino nel nostro paese non propriamente “friendly” per chi pedala…) un mezzo versatile pur nella sua semplicità, concreto ed efficiente (e pure “fighetto”, diciamolo, visto come si presti magnificamente ad interpretazioni hi-tech come pure a quelle in salsa retrò) come la Gravel non potrà non incontrare numerosi favori…
Con bici del genere aumenta (senza dubbio) la velocità di percorrenza in virtù di una ben maggiore scorrevolezza e minore sezione pneumatici, un minor peso generale del mezzo, una postura più idonea (alta, media, bassa) sia alle lunghe percorrenze (quindi meno stancante in generale) che maggiormente aerodinamica in ogni condizione (e chi pedala in posti ventosi, come il sottoscritto, sa quanto sia importante).
Un minore affaticamento si traduce in voglia di farne di più di Km oppure in un ulteriore aumento della velocità di percorrenza che (dal mio punto di vista) si traduce in maggior divertimento.
Quando sento dire “ci fai le stesse cose” non so se ridere o piangere… prova a farle queste “stesse cose” e scoprirai quanto possano essere immense le differenze e perché chi le fa sul serio ha esigenze (reali, non immaginarie o dettate dal marketing) prioritarie del tutto diverse… fai Nmila km l’anno con la bici da Trekking (magari in posti bellissimi)? Bene, figo… molto figo e buon per te… ma la filosofia del “non ho fretta, che ci metta 3 ore o 5 o 7 non importa” può valere in alcuni ambiti ed in determinate circostanze (che peraltro conosco bene e apprezzo assai) ma non vedo come possa diventare teoria universalistica buona per tutto e applicabile a tutti…
Con una bici trekking da 14kg ci faccio le stesse cose che posso fare con una gravel da 9kg (o meno… o poco più, dipende da tanti fattori) o con una mtb (scelta e allestita appositamente per lo scopo)? Mmhhh… Si, in senso assoluto e quanto mai ampio probabilmente sì… in quanto ci si va comunque dal punto A al punto B e lo si fa pedalando, è vero… su questo non si discute… ma come spesso capita nella vita il “come lo fai” non è affatto meno importante del “cosa fai” (anche il “perché lo fai” io lo terrei in buona considerazione ad essere onesti).
Ognuno di noi ha delle esigenze particolari da soddisfare e dei gusti e preferenze personali, queste esigenze e questi gusti vengono “annusati” in primis (le cosiddette “tendenze”), analizzati e raggruppati per omogeneità e se e quando raggiungono determinati step numerici (che le rendono interessanti, appetibili o “aggredibili”) trovano un canale (dapprima l’appassionato nel suo garage, poi l’artigiano ed infine la grande industria) che trasforma quelle esigenze in prodotti.
Perché negare l’esistenza o il valore di queste esigenze?
Perché guardo al Gravel con interesse e non poche aspettative?
Perché come dicevo per me il “come lo fai” è importante, molto importante, ed il plus (prestazionale ma non inteso in chiave agonistica) che il mezzo Gravel sembra poter garantire (ad uno come me) guardando i “numeri” (dati tecnici, specifiche, esperienze personali ecc) non mi pare disprezzabile e non vedo proprio perché dovrei privarmene…
Uso da un decennio abbondante la bici per recarmi al lavoro e sinceramente quando lo faccio ho fretta (quando esploro, sono in compagnia o mi faccio i miei giri “entomologici” il discorso cambia, ovviamente)… ebbene sì, lo confesso… generalmente mi piace andare quantomeno di buon passo (e anche qualcosa in più…) e comunque sto andando al lavoro quindi (per quanto esca sempre tenendomi dei margini extra per gli imprevisti) ho i tempi contingentati. Quando invece torno dal lavoro (dopo essermi fatto anche la notte) vorrei poterci mettere meno tempo possibile e non fare faticate senza senso… pur godendomi il tragitto (e vi assicuro che me lo stragodo)… faticare mi piace, pedalare mi piace (sennò utilizzerei altri mezzi di trasporto, no!?) ma quello che faccio deve avere un senso ed essere commisurato all’obbiettivo o scopo che sto perseguendo (sia in senso pratico che metafisico).
A meno che l’obbiettivo non sia proprio il faticare… e non è detto che per qualcuno possa non essere così…
Per recarmi al lavoro, che dista dalla mia abitazione 70Km su strada (Ussana-Cagliari-Villasimius-Capo Carbonara), utilizzo una delle mie bici (la vecchia, fedele ed infaticabile Specy stumpy FSR MY02 aggiornata al 2008/2010 con gli “avanzi” della Epic ed attrezzata alla bisogna nel migliore dei modi). Con il portapacchi posteriore (OMM Sherpa), due borse stagne Ortlieb, una tank bag sull’orizzontale e camelback in spalla mi porto dietro vestiti di ricambio (sia tecnici per la bici che l’intimo per lavorare), attrezzeria essenziale ma completa per quasi ogni evenienza, cibarie per 1g e1/2 (1 pranzo, 2 cene più le merende e colazioni), pc portatile, smartphone, 2 HDisk esterni, fotocamera compatta digitale, qualche provetta per insetti ed in ultimo qualche soldo, documenti, tabacco, cartine e filtrini più varie ed eventuali. Per un totale che si attesta sui 12/15 kg di payload in media.
Alterno in base alla stagione, al clima (vedi soprattutto alla voce Vento!) e alla “voglia” che ho (vedi alla voce stanchezza post turno) il “tutto bici” al commuting (Bus+Bici e raramente anche trenino anni 50). La distanza minima (quando voglio pedalare poco) in bici è sui 64Km (tra andata e ritorno) o poco più su strade (in questo momento di questo ambito di utilizzo stiamo parlando) che ti fanno pentire di aver montato i copertoncini da 1 (e difatti le coperture che preferisco sono le SB8 di Kenda) per quanto sono rovinate.
Sono un uomo pratico, bado al sodo (quindi guardo al marketing per quello che è, nulla più di questo, sbaglia chi lo confonde con qualcos’altro) e la domanda a cui devo rispondere non è “cosa mi piacerebbe avere” ma “cosa mi serve” (realmente ed il più oggettivamente possibile) per fare quello che devo fare e/o raggiungere nel migliore dei modi gli obiettivi che mi sono prefissato e/o che mi trovo ad affrontare. Successivamente mi chiedo come posso fare per spendere il meno possibile senza venir meno a: principi etico-morali, affidabilità e durabilità, praticità ecc… in ultimo (ma proprio in ultimo) tengo conto dei miei gusti estetici e mi adopero per soddisfarli se possibile.
Detto ciò (e concludendo) la domanda sorge quindi spontanea: la Gravel può aiutarmi (me e chissà quanti altri) a fare “meglio” quello che faccio già? La risposta pare proprio debba essere affermativa… la mia prossima bici sarà quindi una Gravel? Forse o meglio molto, molto probabilmente…
Saluti
Cesare
Qualche considerazione generale ed esigenze particolari…
Non ho mai capito (e continuo a non capire) le resistenze che si riscontrano ogni qualvolta un nuovo formato o una sua interpretazione (o reinterpretazione) originale si affacciano nel nostro panorama.
E parlo di “resistenze” non di critiche costruttive, motivate e soprattutto argomentate.
Non le capisco perché a mio modo di vedere la (relativa) “effervescenza” di proposte e la pluralità di soggetti come di soluzioni (anche estreme) ed esigenze, sono un segno evidente di salubrità, vitalità e forza del settore (spinta propulsiva?) … cosa di cui tutti dovremmo rallegrarci a maggior ragione in una congiuntura economica globale come quella che abbiamo appena vissuto e stiamo ancora vivendo (porca ##@/£%$@##!!!!!).
O forse c’è qualcuno che desidera o preferirebbe un settore “fermo”, ancorato a dogmi indiscutibili, cristallizzato o comunque leeeento a recepire e tradurre i contenuti innovativi (o persino a capirli) in prodotti “all’altezza”? Ho un’età anagrafica (e di pratica ciclistica, dalla BMX alla strada sino alla MTB tutte in numerose declinazioni) che mi consente di ricordare cosa dicevano moltissimi mostri sacri e “padri nobili” (con relativo codazzo di geni del “crimine”) della telaistica e delle competizioni su strada di questo paese non troppi decenni orsono riguardo alla MTB… poi alla forcella ammortizzata, ai freni a disco, ai bikers che passavano alle competizioni su strada (o il contrario) e via cantando di amenità in amenità… ricordo però anche quale fine abbiano fatto “commercialmente” parlando (ma non solo…) loro, le loro idee ed i loro prodotti… spazzati via da quella continua opera di innovazione, mix di creatività, ricerca (materiali, tecnologie, sinergie) e sviluppo, test e attenzione ai feedback dal basso, con un miglioramento costante (anche se non certo perfettamente “lineare”, ci mancherebbe…) che imponeva a tutti gli attori in gioco continui e nuovi punti di riferimento con cui dover fare (necessariamente) i conti.
Un’opera di “selezione naturale” che ha causato una vera e propria estinzione di massa e ridimensionato (sotto ogni punto di vista) ambiti e velleità dei pochi sopravvissuti.
Quanto si sbagliassero appare oggi ben più che chiaro cosi come appare lampante quanto non fossero “culturalmente” in grado di competere né di “adattarsi” ad un mondo che cambiava e si evolveva così repentinamente.
Ed i frutti “avvelenati” di certi retrogradi e conservativi atteggiamenti sono visibili anche oggi nel panorama produttivo (ma anche in quello dei “fruitori” pedalanti, diciamo la verità…) italiano o meglio in quel poco che ne è sopravvissuto.
Un altro esempio evolutivo recente che ha “fatto il panico” (passatemi il termine) con la sua carica di innovazione (sacrosantamente) iconoclasta è stato quello dei formati ruota, dove abbiamo potuto vedere senza troppi filtri e veli le differenze di atteggiamento e la qualità di risposta (nonché strutturazione ed organizzazione produttiva) dei vari attori (grandi e piccoli) del mercato.
Allo stesso modo non capisco il periodico formarsi (e scontrarsi) di schieramenti e di tifoserie dell’una o dell’altra “filosofia” o formato (o persino singolo marchio) … quest’ultimo atteggiamento non è proprio ed esclusivo del nostro mondo a dire il vero e lo si può (purtroppo) riscontrare in molti altri ambiti ludico/sportivi (o assimilabili). Modo di pensare e di pensarsi (questo sì) vero frutto del marketing e del branding…
Ma veniamo al Gravel…
Dal mio punto di vista il prodotto Gravel appare invece assai interessante e lo diventerà ancora di più con la naturale e fisiologica maturazione del prodotto (che al giorno d’oggi richiede tempi ben più brevi che in passato). Ricordo poi come non sia un prodotto “inventato” ed imposto dai grandi marchi ma già presente (in varie forme ed interpretazioni ma comunque sufficientemente delineato per essere definito) sul terreno (nel vero senso della parola) da molti anni (con parentele più o meno dirette che affondano le radici sino agli albori stessi della bicicletta moderna) per venire incontro alle specifiche esigenze di molti appassionarti che addirittura se le assemblavano da soli o con il supporto di vari, grandi, piccoli o piccolissimi “artigiani locali”.
I Big del settore ci sono arrivati ora (o da relativamente poco) e non mi pare che (almeno per il momento) stiano imponendo nulla… offrono scelte… a noi compierle nel modo più consapevole ed intelligente. Il modo in cui risponderemo a queste (come ad altre) proposte modificherà ed indirizzerà (in buona parte) il futuro in una direzione piuttosto che in un'altra.
Penso poi che alcune congiunture temporali come l’imporsi dei freni a disco anche nel mondo delle BDC non potranno non portare ad un miglioramento tecnologico in un ambito assai delicato ed importante per l’evoluzione e la maturazione (anche) del prodotto Gravel, contribuendo ad una integrazione maggiore/migliore dei comandi freno/cambio. Aspetti questi fondamentali se si vuole montare un manubrio drop ed avere freni e cambio al top per funzionamento, fruibilità e praticità (e magari anche con un occhio al costo) rispetto alla destinazione d’uso.
Stesso identico discorso ovviamente per gli pneumatici tubeless o tubeless ready (finalmente…)
Non è mai facile fare previsioni (di medio periodo) su quello che potrà essere il futuro nel nostro settore ma se, come sembra (e come sarebbe ben più che auspicabile), le persone che utilizzano la bici come “mezzo di trasporto” oltreché come “attrezzo ludico-sportivo” sono in continuo aumento (persino nel nostro paese non propriamente “friendly” per chi pedala…) un mezzo versatile pur nella sua semplicità, concreto ed efficiente (e pure “fighetto”, diciamolo, visto come si presti magnificamente ad interpretazioni hi-tech come pure a quelle in salsa retrò) come la Gravel non potrà non incontrare numerosi favori…
Con bici del genere aumenta (senza dubbio) la velocità di percorrenza in virtù di una ben maggiore scorrevolezza e minore sezione pneumatici, un minor peso generale del mezzo, una postura più idonea (alta, media, bassa) sia alle lunghe percorrenze (quindi meno stancante in generale) che maggiormente aerodinamica in ogni condizione (e chi pedala in posti ventosi, come il sottoscritto, sa quanto sia importante).
Un minore affaticamento si traduce in voglia di farne di più di Km oppure in un ulteriore aumento della velocità di percorrenza che (dal mio punto di vista) si traduce in maggior divertimento.
Quando sento dire “ci fai le stesse cose” non so se ridere o piangere… prova a farle queste “stesse cose” e scoprirai quanto possano essere immense le differenze e perché chi le fa sul serio ha esigenze (reali, non immaginarie o dettate dal marketing) prioritarie del tutto diverse… fai Nmila km l’anno con la bici da Trekking (magari in posti bellissimi)? Bene, figo… molto figo e buon per te… ma la filosofia del “non ho fretta, che ci metta 3 ore o 5 o 7 non importa” può valere in alcuni ambiti ed in determinate circostanze (che peraltro conosco bene e apprezzo assai) ma non vedo come possa diventare teoria universalistica buona per tutto e applicabile a tutti…
Con una bici trekking da 14kg ci faccio le stesse cose che posso fare con una gravel da 9kg (o meno… o poco più, dipende da tanti fattori) o con una mtb (scelta e allestita appositamente per lo scopo)? Mmhhh… Si, in senso assoluto e quanto mai ampio probabilmente sì… in quanto ci si va comunque dal punto A al punto B e lo si fa pedalando, è vero… su questo non si discute… ma come spesso capita nella vita il “come lo fai” non è affatto meno importante del “cosa fai” (anche il “perché lo fai” io lo terrei in buona considerazione ad essere onesti).
Ognuno di noi ha delle esigenze particolari da soddisfare e dei gusti e preferenze personali, queste esigenze e questi gusti vengono “annusati” in primis (le cosiddette “tendenze”), analizzati e raggruppati per omogeneità e se e quando raggiungono determinati step numerici (che le rendono interessanti, appetibili o “aggredibili”) trovano un canale (dapprima l’appassionato nel suo garage, poi l’artigiano ed infine la grande industria) che trasforma quelle esigenze in prodotti.
Perché negare l’esistenza o il valore di queste esigenze?
Perché guardo al Gravel con interesse e non poche aspettative?
Perché come dicevo per me il “come lo fai” è importante, molto importante, ed il plus (prestazionale ma non inteso in chiave agonistica) che il mezzo Gravel sembra poter garantire (ad uno come me) guardando i “numeri” (dati tecnici, specifiche, esperienze personali ecc) non mi pare disprezzabile e non vedo proprio perché dovrei privarmene…
Uso da un decennio abbondante la bici per recarmi al lavoro e sinceramente quando lo faccio ho fretta (quando esploro, sono in compagnia o mi faccio i miei giri “entomologici” il discorso cambia, ovviamente)… ebbene sì, lo confesso… generalmente mi piace andare quantomeno di buon passo (e anche qualcosa in più…) e comunque sto andando al lavoro quindi (per quanto esca sempre tenendomi dei margini extra per gli imprevisti) ho i tempi contingentati. Quando invece torno dal lavoro (dopo essermi fatto anche la notte) vorrei poterci mettere meno tempo possibile e non fare faticate senza senso… pur godendomi il tragitto (e vi assicuro che me lo stragodo)… faticare mi piace, pedalare mi piace (sennò utilizzerei altri mezzi di trasporto, no!?) ma quello che faccio deve avere un senso ed essere commisurato all’obbiettivo o scopo che sto perseguendo (sia in senso pratico che metafisico).
A meno che l’obbiettivo non sia proprio il faticare… e non è detto che per qualcuno possa non essere così…
Per recarmi al lavoro, che dista dalla mia abitazione 70Km su strada (Ussana-Cagliari-Villasimius-Capo Carbonara), utilizzo una delle mie bici (la vecchia, fedele ed infaticabile Specy stumpy FSR MY02 aggiornata al 2008/2010 con gli “avanzi” della Epic ed attrezzata alla bisogna nel migliore dei modi). Con il portapacchi posteriore (OMM Sherpa), due borse stagne Ortlieb, una tank bag sull’orizzontale e camelback in spalla mi porto dietro vestiti di ricambio (sia tecnici per la bici che l’intimo per lavorare), attrezzeria essenziale ma completa per quasi ogni evenienza, cibarie per 1g e1/2 (1 pranzo, 2 cene più le merende e colazioni), pc portatile, smartphone, 2 HDisk esterni, fotocamera compatta digitale, qualche provetta per insetti ed in ultimo qualche soldo, documenti, tabacco, cartine e filtrini più varie ed eventuali. Per un totale che si attesta sui 12/15 kg di payload in media.
Alterno in base alla stagione, al clima (vedi soprattutto alla voce Vento!) e alla “voglia” che ho (vedi alla voce stanchezza post turno) il “tutto bici” al commuting (Bus+Bici e raramente anche trenino anni 50). La distanza minima (quando voglio pedalare poco) in bici è sui 64Km (tra andata e ritorno) o poco più su strade (in questo momento di questo ambito di utilizzo stiamo parlando) che ti fanno pentire di aver montato i copertoncini da 1 (e difatti le coperture che preferisco sono le SB8 di Kenda) per quanto sono rovinate.
Sono un uomo pratico, bado al sodo (quindi guardo al marketing per quello che è, nulla più di questo, sbaglia chi lo confonde con qualcos’altro) e la domanda a cui devo rispondere non è “cosa mi piacerebbe avere” ma “cosa mi serve” (realmente ed il più oggettivamente possibile) per fare quello che devo fare e/o raggiungere nel migliore dei modi gli obiettivi che mi sono prefissato e/o che mi trovo ad affrontare. Successivamente mi chiedo come posso fare per spendere il meno possibile senza venir meno a: principi etico-morali, affidabilità e durabilità, praticità ecc… in ultimo (ma proprio in ultimo) tengo conto dei miei gusti estetici e mi adopero per soddisfarli se possibile.
Detto ciò (e concludendo) la domanda sorge quindi spontanea: la Gravel può aiutarmi (me e chissà quanti altri) a fare “meglio” quello che faccio già? La risposta pare proprio debba essere affermativa… la mia prossima bici sarà quindi una Gravel? Forse o meglio molto, molto probabilmente…
Saluti
Cesare