Ormai è fatta.
Adesso - se avete tempo e voglia - vi racconto una storia...
Dallo scorso anno abbiamo iniziato a pensare questo giro, e nei mesi - pian pianino - ha preso questa forma.
La salita al Bruncu Fugilesu ci ha incantato sin dalla prima volta. E faticoso salirci ma è bellissimo essere li sopra. Ci abbiamo provato in tutti i modi e da tutte le direzioni. Non cè una versione più facile delle altre, sono tutte difficili. Ma salirci in una giornata limpida ripaga dello sforzo fatto. E questo diventa il primo punto fermo del percorso.
Bisogna però trovare le strade per salire e scendere.
Per la discesa è tutto abbastanza facile, e in poco tempo si decide quali saranno le linee guida per perdere quota nel modo più divertente possibile. Decidiamo dove vorremmo passare ed iniziamo a cercare i vari collegamenti fra i diversi tratti. Iniziamo a pedalarli, a conoscerli e ad affinarli. E iniziamo anche i lavori di pulizia e sistemazione. I proprietari - nella seconda parte della discesa - sono gentilissimi e disponibili, ed in pratica ci autorizzano a fare tutto ciò che vogliamo nei loro terreni. Possiamo pulire le strade vecchie, sistemare i sentieri ed aprirne nuovi di sana pianta. Fantastico: il paradiso del biker! Ed infatti qui sono nati tutti i singles che ci hanno riportato al lago.
Ma il vero problema è la salita, perché è dura e perché è tanta. Ne proviamo diverse versioni e alla fine dei conti rimangono due alternative, ed è un po come se le avessimo fatte entrambe. Qui nascono i problemi. Nel gruppo ci sono i sostenitori delluna e dellaltra, ma per una serie di incomprensioni da entrambe le parti percorriamo sistematicamente quella che poi - scoprirò solo dopo - risulta essere quella che piace meno. Inutile dire che io ero e sono sostenitore di questa soluzione **minoritaria**.
A complicare le cose, come se già non fossero abbastanza difficili, ci si mettono tanti altri problemi. Ma uno su tutti è la distanza. La distanza da casa. Gli altri anni eravamo abituati ad organizzarci in gruppetti e lavorare sui percorsi anche per poche ore. Alla sera - dopo il lavoro - ci si attrezzava e due ore oggi, due ore domani, i lavori andavano avanti. Adesso non è così. Il punto che ci permette di avvicinarci di più alla salita è a quarantacinque minuti dauto da Gavoi. Non si può più lavorare per poche ore. Questo è un casino!
Se mettiamo insieme tutte queste cose la situazione si complica di molto.
Il primo maggio dedichiamo la giornata ai lavori. Il tempo stringe e siamo in pochi disponibili. Bisogna darci una mossa. Organizziamo un gruppo e ci facciamo portare ai cancelli verdi, e così puliamo quella che sarà la salita ma al contrario, scendendo verso il fiume. Quel giorno non incontriamo il padrone dellovile e di quei terreni, che però tutte le volte che ci ha visto è stato tranquillo e disponibile. Mai una parola, mai un'obiezione, mai una lamentela. Puliamo tutto fino al fiume e in sette ore siamo a casa. Sfiniti.
Pochi giorni dopo arriva la prima notizia. Il padrone di casa non vuole che si passi in quella strada sotto il suo ovile e dentro le sue reti. Fondamentalmente è pazzerello e cova un rancore enorme verso gli enduristi. A nulla valgono i tentativi di spiegargli che non siamo moto e che non facciamo nessun danno. Non vuole che si passi. Certo che poteva anche esprimere questo concetto quando ci ha visto le altre volte...
Non ci perdiamo danimo e andiamo a cercare una variante. Abbiamo bene in mente dove potrebbe essere ma dobbiamo verificare. Ormai il grosso del lavoro è fatto e quindi cerchiamo di tenere quel percorso. La variante è sotto il suo ovile, fuori dalle sue reti e ci riporta nella strada sopra lovile, la strada dove ci permette di passare. La troviamo e siamo tranquilli. Tutto si risolve con settecento metri di strada alternativa. Problema risolto.
Sabato mattina usciamo a segnalare il percorso, variante compresa, e a fine serata rientriamo a casa contenti del lavoro fatto.
Sono le 23 quando squilla il telefono. Penso: cosa avremo scordato? Mai avrei potuto immaginare. Fabio mi dice che ci è stata recapitata unambasciata ostile del padrone dellovile. Non vuole che passiamo ne sotto lovile, ne dentro le sue reti, ne nella variante. Domani ci aspetterà al varco fucile in spalla. Questultimo particolare conferisce una giusta nota di colore. E un tocco surreale che ci sta bene. Ok. Bel problema.
Sono convinto - ancora oggi - che se fossimo passati non sarebbe successo niente. E noto per le sue minacce vane agli enduristi. Ma leducazione è la prima base fondamentale. Non vuole che si passi? Ok, non passeremo. Del resto ognuno in casa sua è libero di fare ciò che vuole. Cè un particolare che ancora non è chiaro. Molti sostengono che la strada che lui ha chiuso e dove non vuole assolutamente che si passi sia una strada catastale pubblica. Avremo tempo e modo di verificare.
Vado a letto e non dormo. Mi rigiro allinfinito fino alla sveglia. Mi sento responsabile per aver spinto in quella direzione, per aver indicato quella strada e per aver cercato la variante. Non sono di buon umore.
Ci incontriamo all'Hotel Taloro e decidiamo - al volo - che io, Fabio e Gianni andremo a spostare le segnalazioni e a pulire laltra strada che era lalternativa. Partiamo presto e ci armiamo di roncola, forbici, tronchesine e fil di ferro. Il corredo del vero biker...
Siamo alcuni dei sostenitori di questa soluzione sbagliata, sta a noi fare il possibile per rimediare. Togliamo i nastri dallattacco della salita proibita e li mettiamo nellaltra strada. E iniziamo a tagliare rovi e cespugli. E una sofferenza e il mix di ingredienti è letale: poca forma fisica, poco sonno la notte prima, preoccupazione e lavoro da sbrigare prima che arrivino le prime bici. Quando arriviamo allincrocio che era la nostra destinazione sono sfatto e soddisfatto. Non so se ho più voglia di sedermi allombra di un albero e aspettare, se tornare subito allHotel Taloro o proseguire. Non ho voglia e forza di fare nulla. Poi decido che sarebbe un peccato perdere questa magnifica compagnia e proseguo. Spingo e fatico tremendamente, ma sono felice.
Passando sopra lovile del nostro caro amico troviamo aperto e cè il figlio. Entriamo e scambiamo qualche battuta pacata. Loro non vogliono che nessuno passi li. Crediamo che il concetto fosse già abbastanza chiaro dalla notte prima, ma visto che abbiamo il casco e magari non capiamo, ce lo ripete. Decliniamo linvito di unacquavite, non tanto per scortesia ma perché pensiamo che le dieci del mattino, in bici e sotto il sole non siano il momento adatto...
Gli diciamo che i prossimi giorni torneremo a togliere i nastri che abbiamo lasciato sul vecchio percorso, ma ci dice tranquillamente che non cè bisogno, che li possiamo lasciare. Del resto è chiaro che non vogliono che si passi. E poi che saranno mai pochi metri di nastro di plastica per chi conserva nel suo terreno rottami di macchine, di moto, vecchie batterie dauto e ogni genere di porcheria?
Quando arriviamo al suo cancello noto che ha fatto sparire i cartelli di segnalazione. Il cancello fra laltro è abusivo e chiude una strada pubblica. Ma è tollerato perché - bontà sua - non ha il lucchetto. Nascondo un sorrisino e proseguo, deciso a soffrire ed a godere di ciò che di buono la giornata può ancora offrire: divertimento e ottima compagnia.
Alla prossima