spesso condivido le tue posizioni e le tue analisi...ma questa, perdonami, mi pare molto azzardata.
Nel senso che in linea teorica vi sono molti principi interessanti e condivisibili (necessità di curare la causa, utilità o meno delle morti, limiti dell'utilità pena, in fatto di non sentenziare sulla persona...ma sugli atti compiuti da quella persona che hanno conseguenze sociali e personali?ecc.)..ma questi discorsi teorici sono molto, troppo ampi per potere essere applicati a casi concreti, che sfuggono a generalizzazioni... appunto..così ampie.
Ma soprattutto, non leggo da nessuna parte di responsabilità personale nei confronti della società (insieme di altri individui e frutto di patto, convenzione tra gli stessi) in cui si decide di vivere e operare (nessuno vieta l'eremitismo, ove si risponde solo a se stessi o a un qualche dio).
E' giusto inquadrare un dramma nelle cause sociali, culturali, politiche, personali, storiche ecc. che hanno concorso alla realizzazione del dramma stesso...però, per non parlare in generale (la metafisica è fallita da un pezzo) ma calandosi nel caso specifico, se con striscia continua valuto che l'auto che mi precede va troppo piano, scelgo di sorpassare comunque malgrado vi siano rischi oggettivi, devo essere responsabile della mia scelta. E non c'è appello ad ulteriori contingenze che tenga.
La dialettica vittima-carnefice è vecchia come il cucco (visto che t'intendi di filosofia, nel pensiero moderno deriva direttamente dalla dialettica servo-padrone di Hegel..) come si dice dalle mie parti...è vero, i ruoli spesso e volentieri sono confusi, il carnefice spesso è anche vittima (di se stesso, prima che di società o altre cose).
Ma un atto di violenza resta sempre un atto di violenza che, se compiuto scientemente, non esula dalle responsabilità personali e sociali. E sappiamo tutti bene che, restando sul caso concreto e non su elucubrazioni generali, un paio di canne non determinano uno stato di incoscienza tale da fare venire meno la capacità di scelta e raziocinio (pur riducendo la capacità di reazione e di riflessi...che come in questo caso può essere però influente).
Gli altri post giustizialisti, qualunquisti, e con tanti altri suffissi -isti, si commentano da sé e non necessitano di risposta.
Credo certamente di condividere quanto affermi.
Quelle capacità che tu chiami responsabilità personale, capacita di discernimento, libero arbitrio proviamo a infilarle in un corbello chiamto autodeterminazione.
Ecco, se questo corbello non fa parte del patrimonio di una persona, allora bisogna donarglielo. Prima abbiamo capito il perché, dopo ci mettiamo a confezionargli un corbello su misura.
Il come è da discutere... Con un soggiorno controllato? ... Con servizi sociali? ... Con un tirocinio di studi?... Con un lavoro o con tutto questo messo insieme.
Questa è rieducazione... Ma niente ci vieta di mettere in discussione anche l'educazione e farla progredire...
Sono scettico sul fatto che, nel caso specifico, si tratti di un atto di violenza.
Ripeto, non voglio "giustificare" le azioni di questo individuo, vorrei solo suggerire che forse, chi di ruolo, dovrebbe cogliere l'occasione per studiarle queste azioni per arrivare a formulare ipotesi atte a realizzare quanto detto sopra.
Io non voglio togliere responsabilità alla persona, anzi, credo che un sistema che si basi sulla coscienza dell'individuo sia molto più "implacabile" rispetto ad un sistema che offre la soluzione ed il perdono in cambio di un atto di contrizione ed una pena.
no no ma che "lassamo fare" ti sei fermato proprio nella fase più costruttiva e più conclusiva della tua analisi che, appunto per questo, rimane un pelino sterile perchè semplicemente propone di inoltrarsi negli sfumati fenomeni sociali utilizzando un approccio eziologico di cui però non viene delineata alcuna "linea guida". In altre parole se è corretto intellettualmente ed anche socialmente nonchè assolutamente condivisibile il dover approfondire per individuare ed eventualmente eliminare le cause più o meno oggettive e/o soggettive che favoriscono certi fenomeni, tale esercizio mentale rischia di rimanere tale se non si cerca di dargli un taglio "applicativo".
Tu dirai che tale taglio passa attraverso una rivoluzione culturale e filosofica del modo di vedere e di normare la convivenza sul pianeta...certochesi e allora che rivoluzione sia!
p.s.
però sui fogliettini esplicativi dei medicinali chemioterapici alla voce che descrive il male che curano c'è scritto:"eziologia sconosciuta"![]()
Ma se lo sai ... !



Per me è una bella discussione, malgrado il dramma.