Discorso che vale ma fino a un certo punto. Quando arrivi ai vertici di ogni disciplina ci sono persone che hanno quel qualcosa in più. Mentalmente ma anche fisicamente. Non siamo tutti uguali. Io non sarei mai diventato un saltatore in alto, tanto per dire. Se mi fossi allenato come Usain Bolt - ammesso che fosse sostenibile per me - non sarei mai arrivato ai suoi tempi, e vale per la stragrande maggioranza delle persone sulla faccia della Terra. Perché lui è lui, e se è vero che ce ne sono altri che non si sono applicati abbastanza o per niente, o si sono dedicati ad altro, e che sarebbero potuti diventare come lui se non meglio, è anche vero che sono pochi. Mi aspetto che oltre un certo livello tutti si allenino in modo incredibile, con grande dedizione e precisione, ma il fatto che alcuni prevalgano sugli altri, al netto delle diverse strategie di allenamento, è anche dovuto a una base più o meno diversa.
Nella mia vita da sportivo, mai agonista, ma passata da giovanili in altri sport e approdata poi a sport quotidiano fatto in autonomia, di gente che si è allenata come se non ci fosse un domani annichilita dall'ultimo arrivato che aveva fatto la vita da divano fino al giorno prima mi è capitato pure di vederla.
Demoralizzante, ma in un certo senso è come aver visto, che ne so, un Michael Jordan de' noartri. Lui è lui: poteva crescere sul divano, un giorno gli avrebbero dato la palla in mano e avrebbe dato loro la paga.
Il doping è una variabile in tutto questo, perché non vince chi è più forte, ma vince chi è più forte da dopato. Significa che ognuno reagisce diversamente al doping, proprio come ognuno di noi reagisce diversamente ad un farmaco per curare un malanno. Per questo, personalmente, non troverei giusto liberalizzarlo e basta, perché - etica a parte - non alza il livello di tutti allo stesso modo.