L'IVA è una imposta percentuale che segue il valore del bene, quindi CERTO che va considerata anche nella vendita tra privati.
Se volessimo essere puntigliosi, il ragionamento corretto sarebbe questo (uso la vecchia IVA al 20 per semplicità):
- acquisto la bici a 1200 ., 1000 valore della bici + 0.2*1000=200 di IVA
- dopo un mese la rivendo, ovviamente si è svalutata, adesso vale 900 euro. La rivenderò quindi a 900 + 0.2*900=180 di IVA per un valore di vendita al secondo acquirente di 1080 euro.
Cosa ci ho rimesso io? Ci ho rimesso i 100 di valore della bici più l'IVA su quel valore, ossia 0.2*100=20 di IVA, che infatti fanno 120 e infatti 1200-120=1080, il prezzo a cui l'ho venduta (ovviamente).
Detto questo, poi possiamo metterci d'accordo come ci pare, tanto siamo tra privati, ma dubito che mi venderesti una bici pagata 6000 euro a 5000 euro dopo un mese dall'acquisto
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Ciao Sciuscia,
anche se siamo palesemente OT provo a riassumere un paio di concetti legali e amministrativi, a prescindere dal fatto che essi siano poi applicati nella pratica quotidiana ed in particolare nella compravendita di biciclette tra privati.
1. Come già detto qualche post fa, nelle transazioni tra privati l'IVA (Imposta Valore Aggiunto) non si applica.
2. L'IVA grava sempre e solo sul consumatore finale: ad esempio, se un privato acquista un'automobile pagherà il prezzo del bene (imponibile) addizionato dell'aliquota IVA (imposta). I soggetti con partita IVA (aziende e professionisti) che acquistano il bene per farne uso potrebbero scaricarne una parte (o addirittura tutta, a seconda dei casi), arrivando così a pagare l'autovettuta meno di quanto la pagherebbe un privato, ma il "valore" è e rimane il medesimo.
Quindi, soprattutto in base a quanto spiegato nel punto 2, è evidente che il prezzo/valore del bene corrisponde all'imponibile (prezzo IVA esclusa) e NON al prezzo "ivato".
Il fatto che il consumatore finale sia un privato e quindi debba per forza pagare il prezzo IVA inclusa, senza poter scaricare alcunchè, non significa affatto che
in termini contabili/amministrativi egli possa rivendere il bene, ri-applicando l'aliquota di imposta: chi compra un bene usato non deve accollarsi l'IVA, perchè questa imposta se la becca solo chi compra da un'azienda!
Ora, nella pratica quotidiana e per importi (relativamente) modesti è consuetudine considerare la svalutazione di un bene partendo dal prezzo pagato dal possessore/acquirente, ma quando gli importi sono superiori i commercialisti chiariscono con precisione il meccanismo contabile che regola queste faccende.
Ad esempio, nell'usato di imbarcazioni "importanti" (yacht, ecc), dove le cifre variano da qualche centinaio di migliaia di euro a diversi milioni, il privato che acquista da un'altro privato parte sempre dal prezzo originale
escluso IVA (o altra tassa che il paese presso cui la barca risulta immatricolata, abbia applicato).
Se io fossi ricco e comprassi un Pershing 50 per 1,5 milioni di euro, dovrei aggiungerci anche oltre 300.000 euro di IVA (totalmente a mio carico), che nessun acquirente successivo mi riconoscerebbe mai.
Ovvio che la maggior parte di questi acquisti non viene mai operata da privati cittadini, bensì da fantomatiche società costituite appositamente (meglio ancora se in paesi stranieri), che permettono di scorporare/evadere l'IVA e molte altre tasse gravanti su questo genere di mercato.... ma, come dicevo, il principio contabile corretto è questo.
Ora chiudo definitivamente perchè siamo veramente OT. :-P
ma mi sa che anche lui non ne verrebbe a capo!...
